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giovedì 14 giugno 2012

SANTENA, DAL CORRIERE DI CHIERI LA NOTIZIA DEL RICORSO IN CASSAZIONE DI D'ALCALA' VINCENZO, AVVERSO IL SEQUESTRO DEI BENI DI PROPRIETA'.

Nell'edizione cartacea di martedì del "Corriere di Chieri" è pubblicato, a pagina 43, un articolo dal titolo "L'ex-usuraio D'Alcalà rivuole la villa e casa al mare ma la Corte d'Appello li considera proventi criminali". (segue......)
Dal sito on-line del Corriere, riporto di seguito il testo dell'articolo.

"Vincenzo D'Alcalà rivuole indietro la sua villa e gli immobili intestati alla sua famiglia. E ricorre in Cassazione contro la sentenza emessa lo scorso ottobre dalla Corte d'Appello, cui si era rivolto per contestare la confisca di quei beni, considerati proventi dell'attività usuraia, per cui è stato condannato nel 2004. La prima udienza è stata fissata per fine luglio. Nel 2011 il Tribunale ha deciso di restituire al santenese i conti correnti e i titoli intestati ai figli di Vincenzo D'Alcalà. Ma ha confermato la confisca della villa di Via Gamenario, dei terreni di sua proprietà a Villastellone e di un appartamento a Pietra Ligure. E' stata invece rigettata la richiesta del pubblico ministero Giuseppe Riccaboni, che chiedeva anche la confisca dei mezzi della Galuro autotrasporti, azienda di famiglia con sede a Villastellone, in cui lavora oggi D'Alcalà"

tratto da: http://www.corrierechieri.it/articolo/D'Alcala'_rivuole_villa_e_casa_al_mare_Ricorso_in_Cassazione_per_la_confisca




Prosegue così la vicenda giudiziaria, dopo l'arresto avvenuto nel 2002, a conclusione dell'indagine scaturita dopo la denuncia di una vittima delle attività di usuraio del D'Alcalà, che vide coinvolto anche in prima persona l'allora comandante della Stazione Carabinieri di Santena.
Il tesoro da 3 milioni di euro accumulato da Vincenzo D’Alcalà fu sequestrato, in via preventiva, nel 2011 dal Tribunale di To­rino su richiesta della Questura del capoluogo piemontese. 
Una  misura di prevenzione patrimoniale che era finalizzata alla confisca dei beni intestati alla moglie, ai figli, a un prestanome e all’impresa collettiva “Galuro Auto­trasporti” di Villastellone, ritenuti, stando alla tesi formulata dall'Autorità Giudiziaria, il provento delle attività illecite contestante. 

Inchiesta che prese il via dopo la denuncia di un un artigiano di Santena, presentata alle Fiamme Gialle, il quale riferì di essere stato costretto a restituire 300 milioni di lire, a fronte di  un prestito di 30, dopo un pestaggio a colpi di bastone. 
Nel 2002, come ricordavo, l’arresto di D’Alcalà a conclusione dell'indagine condotta dalla Guardia di Finanza che portò a galla  una realtà costituita da prestiti che sfioravano tassi pari al 180 per cento, oltre a tutto un contorno fatto da botte e minacce  nei confronti di chi osava ribellarsi e di chi ritardava nella restituzione del danaro. 
Il prosieguo della vicenda giudiziaria lo vide condannato, nel 2003, con rito abbreviato alla pena  di 7 anni di carcere e 3 di lavoro in colonia agricola, pena successivamente ridot­ta in Corte d'Appello a poco più di 5 anni e altri 2 anni di casa-lavoro, scontata fino all'anno 2007.
Una vicenda ancora lontana dal concludersi in maniera definitiva e che vedrà certamente ulteriori colpi di scena.

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