In seguito al post sul dato delle preferenze espresse per i singoli candidati alla carica di consigliere, con il dato derivante dal voto della città di Santena, si è sviluppata una sana conversazione sull'utilità o meno dell'indicazione di questo o quel candidato. (segue...)
Mai come in questo caso i commenti sono stati diversissimi tra loro, tra chi ritiene utile, inquadrandolo come uno strumento democratico in mano all'elettore ( mi auto-cito qui), chi invece non lo ritiene un dato così essenziale (Luigi De Troia) e chi, come Domenico Galizio, scrive un divertente commento sospeso tra la cruda realtà e quello che invece sarebbe più utile, con i limiti derivanti da alcuni pericolosi meccanismi.
Partiamo allora dal sistema elettorale in vigore con il quale ci siamo confrontati alle ultime amministrative, che si concentra sul metodo D'Hondt, il quale prevede l'assegnazione dei seggi in relazione ai voti conseguiti dalla lista.
" Il metodo D'Hondt, inventato e descritto per la prima volta dallo studioso belga Victor D'Hondt nel 1878, è un metodo matematico per l'attribuzione dei seggi nei sistemi elettoraliche utilizzano il primo vero metodo proporzionale.
Questo sistema prevede che si divida il totale dei voti di ogni lista per 1, 2, 3, 4, 5... fino al numero di seggi da assegnare nel collegio, e che si assegnino i seggi disponibili in base ai risultati in ordine decrescente. Il sistema, da lui ideato, è trattato nel libro Système pratique et raisonné de représentation proportionnelle, edito a Bruxelles.
Tale metodo è stato adottato in numerosi paesi, tra cui 11 dei 27 stati membri dell'Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Estonia, Finlandia, Italia, Paesi Bassi, Polonia,Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna), la Croazia, la Svizzera, la Turchia, Israele e, pur modificato, anche nella Repubblica di San Marino. In Italia era utilizzato per l'elezione dei Senatori della Repubblica nella precedente legge elettorale." tratto da wikipedia.it
Va da sè, analizzando il sistema citato, che il candidato eletto di ogni singola lista non risulta legato obbligatoriamente alla posizione occupata in elenco, bensì viene determinato sul totale dei voti ottenuti, in maniera molto elementare.
Chi prende più voti, in base ai seggi elettorali ottenuti dalla lista di riferimento, è eletto in seno al consiglio elettorale, nessun meccanismo strano o calcolo empirico.
E allora perchè il cittadino, a questo punto non solo santenese deduco basandomi sullo scritto di Domenico Galizio, omette di indicare un proprio candidato di riferimento, una persona in cui riporre la propria fiducia in caso di elezione?
Perchè limitare il voto alla sola lista, o partito, in una concezione arcaica, Domenico mi passerà il termine, molto filo-partitica dove sono gli stessi schieramenti a decidere chi votare e in che proporzione?
Perchè, e qui mi rivolgo ai tecnici (non quelli alla Monti per intenderci..;-D) per capire questo strano sistema di votazione, si preferisce il solo voto di lista più che al candidato quando poi, e lo ripeto ma forse sarò ottuso io ...bontà mia, il consiglio comunale dovrà obbligatoriamente essere formato da persone fisiche?
Se un cittadino decide di candidarsi, questi lo fà sicuramente essendo animato da desideri propositivi per la propria città, si sentirà colmo di idee per risolvere i problemi presenti e apportare novità alla vita sociale, culturale, sportiva dei suoi concittadini.
Quindi perchè non premiarli in base ai concetti comunicati in fase di campagna elettorale?
Alla fine, come capita sempre più spesso, ci troviamo ad essere rappresentati da candidati "sponsorizzati" e "sollecitati" dai partiti facendo perdere di credibilità il voto cittadino, allo strumento inteso come momento di partecipazione alla vita politica cittadina.
Forse alcuni partiti non preferiscono la preferenza o la indirizzano con certe logiche, in considerazione del fatto che la rappresentanza popolare può sovvertire la gerarchia oligarchica all'interno degli stessi partiti e favore un rapido ricambio della classe dirigente, cosa ovviamente non desiderata?
Troppe domande oggi, meglio fermarmi qui.....
Mi auguro che quello coscienza civica, tanto auspicata , non necessiti di un altro cinquantennio.
Questa è solo la mia idea......contestabile tranquillamente.
L'UTILITA' (parere personale) DI INDICARE UN PROPRIO CANDIDATO COME SEGNO DI DEMOCRAZIA DEL POPOLO.
C’è una vecchia barzelletta, piuttosto volgare e sicuramente non consona in questo contesto, che chiarisce bene i concetti di teoria e pratica.
RispondiEliminaIn materia di voto con preferenza si può dire quanto segue.
La teoria: alle elezioni si propongono la lista 1, 2, 3 e 4. Mi leggo i programmi, seguo il dibattito della campagna elettorale ed io scelgo la lista 2 perché secondo me è quella con i contenuti più convincenti. All’interno della lista 2 conosco bene Giovanni e Mario. Decido che Mario ha la caratteristiche migliori per svolgere il mandato, mi fido di lui e saprà amministrare bene. Voto la lista 2 ed assegno la preferenza a Mario. E’ il voto perfetto. Sono in pochi a farlo ed in questo caso la teoria diventa una bella realtà.
La pratica buona: Voto a Santena ma ci vivo poco. Non conosco molto le persone, mi informo leggendo saltuariamente qualche giornale locale, forse un blog, ricevo del materiale elettorale. Decido che la lista 2 mi rappresenta meglio delle altre. Voto la lista 2 senza preferenze. E’ il voto “normale”, pulito ma non perfetto per carenza di informazioni.
La pratica ordinaria: Conosco Luigi, è candidato nella lista 3 e vuole fare bella figura. Dall’inizio della campagna elettorale mi sollecita la preferenza, mi offre un caffè, mi ricorda quando eravamo compagni di scuola, mi ha fatto conoscere una bella ragazza, abbiamo fatto sport assieme, è il mio medico di famiglia. Ma sì dai, lo faccio contento, voto lui e la lista 3, senza preoccuparmi più di tanto di cosa dica il programma della lista 3 e di quali sono i suoi colleghi di lista. A Santena questa pratica appartiene quasi a tutti i candidati. Funziona ma il risultato non è assicurato perché alla fine la preferenza la decido io.
La pratica clientelare: Paolo è candidato vuole che la sua lista vinca e vuole emergere rispetto ai colleghi di lista. Mi chiede la preferenza ricordandomi che la sua posizione di potere mi può tornare utile. Mi ricorda che mi ha fatto avere un qualche sussidio, che lavoro nella banca di cui è direttore un suo buon amico, che quella volta si è occupato di una certa pratica, che per l’assegno di accompagnamento della nonna lui ha messo una buona parola, che lui è amico di qualcuno ancora più potente, eccetera. Voto Paolo e che la lista sia la 1 o la 2 o la 3 o la 4, importa niente. Se poi Paolo è della famiglia Rossi che con gli stessi argomenti controlla 100 o 200 voti, Paolo avrà 100 o 200 preferenze. Se Paolo è un incapace, avrà comunque 100 o 200 preferenze. A Santena questa pratica e diffusa è prevalente. Funziona ed il risultato è, salvo errori marginali, certo perché la preferenza è obbligata.
La pratica corrotta: Pietro è candidato vuole che la sua lista vinca e vuole emergere rispetto ai colleghi di lista. Mi dice che quel mio terreno agricolo può diventare edificabile in cambio di 50 preferenze da garantire tra parenti ed amici; il patto è vantaggioso ed io gli faccio avere le 50 preferenze. Mio figlio da anni cerca un posto di lavoro, Pietro può aiutarmi e facciamo l’affare. Pietro mi da dei soldi ed io gli do la preferenza. Questo è il mercato delle vacche e le vacche da vendere e comprare non finiscono mai.
La pratica criminale: Giacomino è un illustre sconosciuto, senza arte ne’ parte. Un potente clan ha necessità di dimostrare la sua forza ed il suo potere di condizionamento. Giacomino viene infilato in una delle quattro liste, previa contrattazione con il capolista. Giacomino ottiene esattamente il numero di preferenze deciso dal clan ed ovviamente è un numero consistente perché deve essere tra i primi della lista.
Questa è una analisi di un dilettante allo sbaraglio, come ho scritto nel precedente post a Santena ci sono fior di professionisti del settore che potrebbero dire molto di più con tanto di nomi e cognomi, non solo i nomi, per di più di fantasia, che ho messo io.
... segue ...
... continua ...
RispondiEliminaAnalizzando i numeri delle elezione del 6 e 7 maggio, in ogni caso, prima della scarsità dei voti ottimamente espressi, a me preoccupa che 2569 cittadini non siano andati a votare e 248 abbiano votato scheda bianca o nulla. In totale 2817 santenesi, cioè più dei 2778 che hanno scelto la lista vincente con un grosso risultato, hanno deciso che non valeva il viaggio oppure peggio che, facendolo, nessuno meritava la loro fiducia. Tutti insieme avrebbero formato la lista vincente, con sindaco, giunta ed una solida maggioranza di undici consiglieri; con l’attuale formula elettorale la lista Essere Santena si sarebbe piazzata seconda accontentandosi di tre consiglieri di minoranza (sistema d’Hont alla mano). Invece abbiamo 2817 spettri di cui sia i vincenti che gli sconfitti dovrebbero tenere conto.
Pur sapendo che ci sono degli assenti forzati per malattia od altri impedimenti, questo significa che un santenese su tre ha mancato l’appuntamento per disinteresse o per disgusto. E forse le pratiche di cui sopra ne sono l’effetto e la causa.
Ad un volenteroso ed inguaribile sognatore il lavoro certamente non dovrebbe mancare …